lunedì 18 luglio 2011

Una settimana d'addio


(di Maurizio ne parlo in questo post del 14 gennaio. Un bravo ragazzo. Amante dell’assurdo e dei coup de théâtre. Abbiamo passato insieme gli anni della profonda adolescenza. Giovedì ha deciso che questo mondo gli stava troppo stretto. Più della corda che ha legato attorno al suo collo. Questa lettera non gli arriverà mai)


Oh Mau,
ti sarebbe piaciuta la settimana che ho appena passato. A te, che saltavi dai Deep Purple a Piccola Katy, senza soluzione di continuità, sarebbe andato a genio quello che mi è capitato. Lo so che ora non puoi ascoltarmi, ma stammi a sentire. Ti ho mai parlato di quel mio superiore ciccione, quello che un giorno mi chiamò a rapporto nella sua minuta stanzona affrescata mensilmente per riempirmi d’insulti? Non avevo mai ceduto ai suoi ricatti. Si, lo sai che non sono mai stato un cuor di leone, ma alcune questioni di principio le ho sempre, ostinatamente, portate avanti. Alle volte, anche sbattendo contro i muri. Di pietra, di gomma. Truccò due carte, s’inventò una finta telefonata, e mi denunciò. Lo sai, io non dormivo per un bacio mai avuto o per una canna di fumo buono. Figurati con un avviso di garanzia sul groppone. L’avvocato mi diceva che la situazione era molto ingarbugliata, Mau, ma io me ne fottevo. Volevo arrivare fino in fondo. Intanto i mesi sono passati. No, non ti ho chiamato mai in questi mesi. Sapevo che non ne volevi sapere di noi. Mi bastava saperti in piedi, a giocare coi tuoi cani. A suonare quella batteria montata male. A svegliarti quando volevi tu. Nel frattempo sono arrivato all’udienza preliminare. Di solito in questi casi, chi giudica fa da passafogli per il tribunale. “Che se ne occupino loro. Chi sarà mai ‘sto disgraziato? Non abbiamo tempo di leggerci le carte”. Invece, Mau, qualcuno le carte se l’è lette. Una per una. Il ciccione stava sicuramente nel suo ufficio su misura a masticare a bocca aperta un cannolo, cercando di copiaincollare da qualche scribacchino del web una relazione strapagata. Beatamente, come fanno i potenti, i protetti, che vagano da una poltrona ad una più prestigiosa, tra benefit e superincentivi. Il GUP ha smazzato il plico di fogli, ha guardato in faccia il mio avvocato e mi ha assolto. Assolto. Che dolce parola, Mau. Proscioglimento pieno. Faceva caldo, quando mi ha chiamato l’avvocato.
Faceva più caldo quando mi ha chiamato Claudio. Mi ha detto di te. Avevi deciso di dire basta. Non ci hai voluto far sapere nulla. Il prete ha letto l’omelia, quella standard. Il tuo nome poteva essere sostituito da tanti altri nomi, come i numeretti della segreteria telefonica. Non ha accennato alla sofferenza di chi decide di chiudere le finestre per non vedere il sole. Di quelli che non ascoltano perchè non c’è più nulla da sentire. E che parlano da soli, perché sono i soli a capirsi. No. Il prete non l’ha detto. Il prete non sapeva neanche chi eri. Noi si. In fondo alla sala, noi si.
Ti sarebbe piaciuta la mia settimana, Mau. Poi ho presentato il libro di un amico. Avevo davanti una platea di ottuagenari ed un tipo con un dobermann. Con noi sul palco, c’era una professoressa ed una diva del burlesque. Nessuno era stato presentato col proprio nome. Sotto falsa identità ci era stata affibbiata una professione inventata. Ho intervistato l’autore parlando di Benedetta Parodi e Birkenstock. Nessuno capiva cosa dicessimo. Eravamo una scorreggia durante l’Adagio di Albinoni. In prima fila, ad applaudire un’intervista irreale, Sandra Milo. La guardavo, come si guardano le macchie d’umido sui muri.  
Ti sarebbe piaciuta la mia settimana, Mau.

6 commenti:

  1. http://www.youtube.com/watch?v=8hYNPz06xgE

    non so, ma a occhio uno di quelli potrebbe pure esser lui.

    (faccina-con-sorriso-triste che non mi esce)

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  2. In questi casi non so mai cosa dire...Dirò solo che anche 'sta volta mi hai fatta sorridere,e sicuramente hai fatto sorridere anche lui.

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  3. ma gli sarebbero piaciute, lettera e settimana

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