Nelle precedenti puntate di Donatella: Saverio, precario quarantenne in cerca di sè stesso e di un'altra, vive con universitari cannabinomani. Troverà l'amore, o solo una denuncia a piede libero?
A qualche centinaio di metri...
Carburant of Love
"Chissà, domani, su che cosa metteremo le mani."
Lo ripete più d’una volta, al titolare, il tizio con la semicresta dietro al bancone del carrozziere dove ho portato la mia twingo. Mi sono ritrovato una specie di rettile inciso con un punteruolo sul tratto di lamiera finto-metallizzata che va dal buco per la benzina alla luce della freccia. Chi lo ha fatto ha anche sentito il bisogno di dare una sinuosità al serpentello, se no che opera d’arte è? Si, ma è giusto, facciamoli sfogare questi writer. Sicuramente l’autore anguimane del graffito sulla mia renault avrà avuto dei problemi a casa. Bene, è ora che raddoppino questi problemi, imbecille. Per le dame vincenziane di San Martino di Castrozza, ma che ti ha fatto la mia macchina? Ma l’hai vista? Verde sanitari di Tirana, ruotino montato da 3.000 km, antenna spezzata. Ora che hai sfogato il tuo disagio con la società moderna che non ti permette di ricaricare il tuo iphone per più di 30 euro al mese, fammi il favore di andare a trovarti un lavoro. Per te ho in mente quello degli attori che fanno gli starnuti, nei servizi del tg sull’influenza di stagione: “ascoltiamo ora i consigli dei medici per non ammalarsi: mettere abiti pesanti, preferire ambienti caldi ad altri meno salubri e freddi ”.
Comunque, fanno 150 euri, senza fattura, of course. La semicresta con mezza diana blu al lato della bocca butta un occhio al mio cruscotto. Cerca qualcosa, un segno evidente del mio status. Vede una cartina dell’Argentina sottolineata col rosso e un cd dei Cccp, e mi domanda chi siano. Gli dico che sono un coro polifonico della Val di Susa, che si sarebbero esibite in parrocchia nel fine settimana. Gli chiedo un’offerta per le sorelle. In un attimo lo vedo dileguarsi sul califfone d’ordinanza, senza casco, con la cenere incandescente della cicca che svolazza tra i capelli festosamente lerci dall’epoca di Gundam.
Lascio la carcassa della mia twingo al ricettatore del sannio e mi avvio a piedi alla fermata del bus più vicina. Non ho neanche una sigaretta, quando mi serve. Sarà perché ho smesso di fumare da 4 mesi, ma sento il bisogno di accenderne una ogni qualvolta mi sta per accadere qualcosa. È un sesto senso abbastanza particolare. I polmoni mi avvisano. Ho un corpo in balìa della nicotina e della paranoia. E dei peli di gatto.
“ehi, tu!”. Eccola lì. Non mi giro. “ehi, scusa?”. Devo resistere. “tu, con la giacca beige!”. Saverio, non ti voltare. Continua per la tua strada. Perderai il bus, arriverai ancora più tardi al capannone. Il signor Camillo ti parlerà ancora una volta dello Statuto dei Lavoratori, del rispetto per i colleghi, dei patti parasindacali. Il tutto anche comprensibile, ma condito da un aroma di stravecchio e cubano che rimarginerebbe i tagli del Fontana. “tu, con la tracolla!”. Mi giro. Lo faccio perché è la voce di una donna. So che è un’aggravante, ma scelgo la galanteria al sicuro ingarbugliarsi della matassa. “scusa, hai un cellulare? Il mio si è scaricato, nel gabbiotto il telefono non c’è, e ho da fare una chiamata importante.”
Era la ragazza della Q8. Lei parlava e io osservavo quanto potesse essere sessualmente attraente un corpo di donna in stato di grazia, versato in una divisa da benzinaio, sporca, ingrassata, al retrogusto chimico di ottani. Parla con un certo Davide, discutono, lei lo manda affanculo, lui ci va. “ma non dovevi portarmi alla Sagra del Cervo Raggomitolato di Cerchi di Sopra, pezzo di melma?”. Poi lei riattacca e mi rende il cellulare, unto come Gianni De Michelis dopo il Midas. Le piacciono le feste di paese. Siamo gemelli cosmici, direbbe scorpione violaceo su scapola, un ventenne di Macerata iscritto ad Agraria che non sa fare le divisioni a mano ma si sa infilare uno spaghetto nel naso e farlo uscire dall’occhio. Non so se lo siamo davvero, ma non se ne trovano tante, così, in giro. Guarda per alcuni secondi nel vuoto. Si gira verso di me, mi guarda le scarpe, le mani. Allunga la mano: “Giada, Giada Manerbi.”. io annuisco. “Hai un nome, annuitore dalle adidas verdi?”, mi fa.
“Obiettivamente si”, faccio io. “ mi chiamo Saverio”. “Obiettivamente?” fa lei, e scoppia a ridere. Si allontana perché un rompicoglioni con una ritmo suona il clacson tre volte. Ne fanno ancora. Di rompicoglioni sulle ritmo, dico. Mi saluta da lontano con la mano inguantata. “Ciao, obiettivamente!” e giù a ridere. Cazzo, quanto è bella.
Dopo pochi minuti, mi arriva un sms sul cellulare. “Ti amo. Ti passo a prendere alle 20 per andare alla Sagra. Tuo Davide.”. Rispondo “Fottiti. Tua Giada”. Vacci da solo alla Sagra del Cervo.
Intanto, a pochi metri. =>