La sonda spaziale Pioneer 10, è stata lanciata in orbita dagli USA nel 1972. Dal 1983 è stato il primo oggetto costruito dall'uomo a oltrepassare i confini del sistema solare. Nonostante abbia smesso di lavorare nel 1997 (nel mondo delle sonde, evidentemente, si va in pensione a 25 anni), Pioneer 10 ha continuato a trasmettere dati fino al 2003. Oggi si trova a circa 13 miliardi di km da noi. E', sostanzialmente, l'oggetto creato dall'uomo:
- più distante in assoluto dalla terra;
- unico a sopravvivere all'uomo stesso;
- che vagherà in eterno nello spazio infinito, fino a quando qualcuno non se ne impossesserà e lo ridurrà a brandelli perchè deve sfogarsi.
Pioneer 10, in questo momento preciso, è in viaggio. Sta andando verso la stella Aldebaran, pare. E poi proseguirà oltre, e oltre. Per andare dove non si sa.
Non so a voi, ma a me l'idea di qualcosa di eterno e costante (la sonda si muove a velocità di crociera) mette i brividi. Non ci dormo la notte.
Allora vi parlerò di Matteo, il mio giornalaio.
Ad onor del vero, non essendo abitudinario, non ho mai avuto un edicolante di fiducia nè un macellaio del cuore che mi tiene da parte i pezzi migliori. Ma da Matteo ci andavo spesso. Col suo imbarazzante pizzetto brizzolato poggiato su di un viso sbilenco, spuntava fuori da quella cornice di calendari osè e raccolte di macinini e trattori del terzo reich, sorridente e giulivo. Matteo era gentile ed affabile. Troppo, per essere uno che deve cercare di appiopparti, insieme all'economico quotidiano, almeno 2 riviste di gossip, nippo-figurine plastificate per il bambino e, perchè no, il dvd “Orgia on my mind” in confezione de luxe. Per farlo felice, talvolta, mi concedevo una Settimana Enigmistica in più. E Matteo sorrideva.
Mi aveva confidato che prima guidava i pullman. Metteva il berretto d'ordinanza e dalla mattina presto caricava gente di tutte le età. Era uno di quelli che avrebbe volentieri sostituito la scritta “Non si parla al conducente” con un più democratico “Dite, dite”. Poi aveva smesso, ma non sapevo il perchè. Gli autisti sono malinconici. Si salutano solo tra di loro, quando si incrociano. Lui non lo era. Forse per questo aveva smesso. Troppo allegro per i rigidi canoni della categoria.
Matteo non aveva accenti. Parlava un italiano d'altri tempi. Diceva “ne ho ben donde” e “motoretta”. Aveva acquistato casa a due passi dall'edicola, e poco dopo l'alba scendeva, disimballava i pacchi di giornali freschi di piombo, accendeva una Futura, dava un'occhiata fugace al Corriere dello Sport, poi al lavoro.
Un giorno, qualcuno citofonò a casa di Matteo. Rispose la figlia. Le dissero che all'edicola non c'era nessuno. La figlia scese di corsa. Il gabbiotto era vuoto. Allora corse al bar, per vedere se per caso un'impellenza fisiologica avesse costretto il padre, improvvisamente. Niente. Erano le sette di mattina. Non sono molti i passanti, a quell'ora. Il cellulare era rimasto nell'edicola. Anche gli occhiali da vista. Non poteva essere andato lontano.
La figlia avvisò la mamma. Furono chiamate le forze dell'ordine. Allertato il Pronto Soccorso. Avvisate farmacie, bar, parrocchie.
Di Matteo nessuna traccia. La Polizia Municipale mise in giro tre pattuglie, tolte al sonnacchioso scribacchiare multe di una piccola città di provincia.
Qualcuno corse al fiume. Altri visitarono la cava abbandonata. A metà pomeriggio squillò il telefono del comandante dei vigili. Un uomo di mezza età era stato avvistato, due paesini più in là, in una strada di campagna. Camminava dritto. Senza meta. E senza scarpe. A chi gli chiedeva dove stesse andando, rispondeva “Verso casa”, ma senza girare il viso. Continuava a camminare, a testa alta. Aveva fatto più di venti chilometri, coi piedi sanguinanti. E ne avrebbe fatti altrettanti, se non lo avessero fermato. Per andare dove non si sa.