sabato 31 marzo 2012

Tutte le schede sono troie, tranne la scheda madre




Non guardo molta tv. Non guardo telegiornali. L’ultimo l’ho visto che il Catanzaro stava ancora in serie A, credo. Ho interrotto il fioretto solo per l’11 settembre 2001. Ma perchè credevo che gli aerei si fossero schiantati su Catanzaro. Ma perché parlo tanto di Catanzaro? Non lo so, non me lo chiedete oggi, che sono spettinato dentro.
È un periodo no, di quelli che il cuscino non risponde ai comandi.
Di quelli che i calzini sono comunque al contrario.
Il latte nel passaggio dal brick alla tazza schizza sulla camicia.
La camicia te l’hanno lavata abbottonata.
Al telefono non funziona il tasto 5.
I tuoi coglioni hanno passato i severi test euroncap.
Il filo interdentale è finito con uno strappo di 4 cm.
I sei canali radio in macchina trasmettono solo pubblicità con jingle degli anni ’20.
Il ginocchio fa uno strano rumore.
Ti si è presentato un fascista che è passato all’IdV dicendoti “e ora mi voti?”.
Un uomo con i pantaloni rossi e le scarpe gialle ti ha detto che con le basette lunghe sei ridicolo.
Le batterie del telecomando si sono scaricate mentre passavi dai Simpson ed un canale musicale a casaccio. Si è bloccato sul Tg5.
Quando vivi il mio burnout, il Tg5 è l’ideale.
Dalle 20,20 in poi, il telegiornale diretto da Clemente J. Mimun mette il pilota automatico delle puttanate. (che poi per cosa sta, quella J? Jeep? Java? Jeans? Jalisse?). Dalle 20,20, dicevo, spazio ai servizi da Pulitzer: la fiera del cane, il trend del tatuaggio sui denti, la chirurgia estetica dei vip, i toy boy, le collezioni primavera-estate 2012 che scoprono le spalle e il peritoneo, una marchetta di un tablet, i Beckham.
E le straordinarie scoperte scientifiche della settimana.
Il Dottor Peter Martini, della Iowa State University e professore dello sviluppo umano e studi sulla famiglia,  ha  reso pubblica la lista delle cose che ci aiutano a vivere a lungo, “……..un elenco che è il risultato di oltre venti anni di ricerche passati a studiare i centenari e gli ultracentenari”. 
Il Dottor Martini ha studiato per vent’anni gli ultracentenari. Dr. Martini, che bello assuefarsi a quegli aromi, la mattina in ufficio, eh?
Comunque, questo cattedratico, tra clisteri appesi al bracciolo del divano, plaid impregnati di cape d’aglio ed aperitivi all’algasiv, ha stilato la lista degli ingredienti per vivere, e bene, a lungo.
Mio nonno da giovane diceva che avrebbe voluto vivere fino a 80 anni. Arrivato a 79 iniziò a dire che quando faceva quelle affermazioni era ubriaco. A 81 ci ha lasciati. Avrebbe dovuto conoscere il dr. Martini.
Il dottor Martini ha scoperto che gli ingredienti per vivere a lungo sono stabilità economica, essere circondati dagli affetti, attività fisica moderata, buon clima. E ci ha messo vent’anni, inseguendo i vecchi ai giardinetti, a scoprire qualcosa che poteva anche dirmi quell’uomo barbuto che girà per la mia città trascinando un passeggino pieno di lattine di birra.
La seconda clamorosa scoperta è frutto di uno studio finlandese del Finnish Institute of Occupational Health, guidato da Laura Pulkki-Raback, e ci dice che vivere da soli aumenterebbe dell'80% il rischio di cadere in depressione. In sostanza chi vive da solo ha oltre l’80% in più di possibilità di cadere in depressione, rispetto a chi invece è pieno di amici e compagnia. Incredibile.
Mi volete far credere che la solitudine assoluta può provocare scoramento ed angoscia? Non ci posso credere. Altro che cura per il cancro. Queste sono le scoperte che mi fanno riapprezzare la vita.

Vorrei invitare a cena la dr.ssa Pulkki, il dr. Martini e Clemente Justintimberlec Mimun. E prenderli a sassate.

giovedì 22 marzo 2012

Io sono leggendo.




Se c’è una cosa che non sopporto, quella è la propensione che hanno alcuni a camuffare i problemi familiari parlando d’altro, affrontando discorsi futili e sconclusionati su argomenti ridicoli, al solo fine di sdrammatizzare ed esorcizzare crisi di coppia.
È per questo che oggi vi parlerò del libro magico che sto leggendo. Un libro che non ti dà risposte, ma solo domande. Alla fine della lettura ne esci dubbioso, sconfortato, incerto, indeciso, riluttante, amletico, tentennante, timido, restìo, e solo un dizionario dei sinonimi ti può regalare qualche istante di pace.
Ho provato a dormirci su, ma vuoi l’agitazione, vuoi le lancette dell’orologio in dolby sorrund, vuoi i fiocchi di latte alle 23, vuoi la flanella, il mio sonno è stato stuprato da 11 domande.

  • Ma i vecchi che guidano le minicar non potrebbero incontrarsi tutti in uno di quei palazzi che si accartocciano, con gli artificieri che festeggiano e la gente che applaude?
  • Quando si vede al microscopio l’effetto del disinfettante negli spot tv, dopo la strage di batteri, ne restano sempre uno o due vivi, sullo sfondo. Perché? Chi si occupa di quei due batteri? Come si chiamano?
  • Quando sono su skype, resto invisibile. Perché?
  • Il robot pulente Roomba, quando tu non ci sei, pulisce davvero la casa? O si riduce a fare tutto all’ultimo momento, passando l’intera mattinata al telefono?
  • La gente che va ai concerti, e non conosce le canzoni, le canta lo stesso. Perché?
  • Nelle locandine dei film, ai nomi degli attori solitamente scritti in alto, non corrisponde la faccia che compare sotto. Chi si occupa di questa verifica? Perché è ancora al lavoro?
  • Per chiudere i chupachups viene utilizzata una colla vinilica polimerizzata ad alto tasso di inviolabilità, la cui tenace persistenza è direttamente proporzionata alla mia voglia di chupachups. Perché?
  • Una volta l’acqua sgasata si buttava, ora si chiama “leggermente frizzante” e costa € 0,45 al litro. Perché?
  • C’è gente a cui tendo la mano, e mi trovo a stringere solo le dita. Perché?
  • George Clooney parla in siciliano: “Immaggina, puoi”. Perché?
  • Gioca il giusto. Che cazzo significa?

Poi mi sono svegliato, ed era peggio.

martedì 13 marzo 2012

Donne nude


C’è questo cinquantenne, scapolo, col parrucchino ben posizionato sul capo. Gli occhiali danno sempre l’impressione di essere un po’ unti. Anche le stanghette. La faccia è fondamentalmente quella di un uomo triste. O, per meglio dire, incompiuto. Non ha la fede al dito. Porta la stessa tuta ogni volta, ma le scarpe sono diverse. Fa la cyclette, un po’ di tappeto e poco altro.E' di quelli che sotto, forse, portano la camicia.
Parla con una sola persona, in palestra. 

Quest’altro, socievole, saluta tutti. Lui i capelli non li ha, ma non se ne fa un problema. Fa ogni tipo di esercizio: tricipiti, adduttori, dorsali, polpacci. Ma se hai bisogno dell’attrezzo, te lo cede. Ti chiede come va, dove hai comprato la maglietta, se ti piace Emma Marrone. È una brava, semplice, persona.

Il cinquantenne, quando non c’è l’amico calvo, se ne sta in disparte a pedalare. La presenza degli specchi, in una palestra, aumenta e diminuisce l’autostima, a seconda dei singoli. Lui non ne ha. Si osserva timido, di tanto in tanto, ma non regge lo sguardo, optando per i piedi. I suoi, i miei, quelli di Lara, quelli delle vecchie che agitano le braccia flaccide ballando la Zumba al di là del vetro. Pensa alla sua scrivania. Se ha lasciato acceso il gruppo di continuità. Alla chiavetta del distributore di caffè aspro. Pensa alla revisione della Punto. Al venditore di rose, che l’altra sera, quando lo ha visto chiacchierare con una donna, non ha creduto in lui, e non si è avvicinato. Pensa a quante pedalate gli servirebbero per andare via di qua.

Il socievole ha finito la sua bottiglia di beverone ai sali minerali e taurina. Stasera esce con una compagna del liceo, ribeccata via facebook. Lui si è registrato con un nickname da supereroe dei fumetti. Raddoppia le sedute ai pettorali ed ai bicipiti. Quel mezzo centimetro in più potrebbe durare fino alla mezzanotte, e non è poco.
Il cinquantenne gli si avvicina, si scambiano due parole, poi fa per andarsene. Poi aggiunge qualcosa, all'orecchio. Il calvo si riavvicina, abbozza un sorriso e gli dà una pacca sulla spalla. Quello si volta verso la porta, e con il tono della voce un po’ più alto, fa: “E ricordati queste mie parole: Quando una donna…”. E si gira, soddisfatto, per completare la frase incrociando lo sguardo  dell'interlocutore. Ma questo non c’è più. E' già andato via. Si trova appollaiato al corrimano di un tappeto, e una ventenne coi ricci rossi e le cuffiette ha deciso di condividere l’mp3 con lui.
Il cinquantenne resta per una decina di secondi con la “a”, ultima lettera pronunciata, a tenere aperta la muta bocca screpolata. Guarda le spalle dei due, che parlano come se lo stessero facendo da ore, da un’occhiata alle sue scarpe, e fornendo una nuova immagine alla definizione di delusione, va via. Quando una donna. Glielo avrei voluto chiedere il finale. Quando una donna, cosa?
Ma aveva il volto troppo scavato.
 
Delusione. La peggiore delle sensazioni. La faccia si deforma, le labbra si piegano, gli occhi rimpiccioliscono. Ci si abbassa.  
Delusione è quella che avrà provato chi ha raggiunto questo blog attirato dal titolo del post o dall’immagine che lo accompagna. E che certamente non sarà arrivato a leggere fin quaggiù. Che delusione 'sto post. Chissà cosa mi credevo.
Per te che sei arrivata/o fin qui, la tipa lassù in alto è Freida Pinto. Bellissima, non c'è dubbio. Pensa che delusione che ha provato lui, quando lei l'ha lasciato.

martedì 6 marzo 2012

Italiano-Ufficese/1

















Lavorare in staff dà molti vantaggi. Il più grande è l’apprendere neologismi. 

Ecco un breve campionario di ciò che riescono a produrre i miei colleghi.
Me ne vergogno un po', ma lo dovevo fare.


Bonjour tristesse
"Oggi siete tutti col sorriso sulle labbra. Mi piace quest’atmosfera allegorica"

Lotta grammatica
"Prima ho assistito ad un avverbio tra due dipendenti"

Genova per noi
"Gli incidenti di Roma sono tutta colpa dei Black Bob"

Vento d’estate
"Quando vado in moto provo sempre la brezza del pericolo"

Sarà stato Reagan
"Sotto casa mia è esplosa una bomba carter"

Succede solo da Mcdonalds
"Ho comprato un completino intimo di Calvin Clown"

Sanità mentale/1
"Se continui a fumare ti verrà l’enfèma polmonare"

Sanità mentale/2
"Ha avuto una brutta malattia immuno-immunitaria"

Da quale pulpito
"Chiudete la finestra che mi arriva una filippica dietro al collo"

Pochi mb, ma buoni
"La cena che abbiamo organizzato ieri sera è stata proprio un floppy"

Beaucoup
"Non lasciate i clienti lì, alla mercì di tutti"

Bella cotta, per me
"Tu non sei mica uno stinco di sangue"

Dopo facciamo il cid
"Sono contenta che tu abbia speronato la mia causa"

Speciale star system/1
"Ho visto un film con Valeria Ugolino"

Speciale star system/2
"Quella biondina assomiglia a Laura Chiatta"

Fusione a freddo
"Ho provato a parlargli, ma quell’uomo è andato in incandescenza"


Lavoro con Luca Sardella
"Come al solito hai travasato quello che volevo dire"

L’Urlo
"Non riesco a trovare un buon cellulare economico col touch scream"

Dopo Carosello
"Quel giorno mi sono comportato correttamente, lei mi è testimonial"

Dalla Russia con amore
"Ora per farti il bonifico devi darmi l’Ivan"


E, purtroppo, continua.



giovedì 1 marzo 2012

Considerazioni starnutite da me medesimo


Molti mi scrivono offrendomi eredità miliardarie da ricchi nigeriani defunti. L’ultimo stamattina. Ho risposto alla mail esprimendo il mio cordoglio per la scomparsa dell’uomo. Ho scritto che se ne vanno sempre i migliori, soprattutto in Nigeria, e di farsi forza, perché la cosa più importante è che rimanga in terra il ricordo di questo tipo a me sconosciuto, che sicuramente avrà fatto del bene a molti, soprattutto a se stesso, visto che ha lasciato 56 milioni di dollari nigeriani (che ignoro a quanti dollari americani corrispondano. A chi me lo calcola girerò via email una foto jpeg in cui si mostra Ettore pensieroso che non sa a quanti dollari americani corrispondono 56 milioni di dollari nigeriani. Tiratura limitata). 
Sbrigate le opportune pratiche con i lutti esteri, sono tornato al mio lavoro da scrivania.

Davanti a me ho una prateria di kleenex. Ci starebbe meglio quel parallelepipedo cartonato che ne eroga uno alla volta. Non l’ho trovato, e sono costretto ai pacchettini compressi da 10. Sono raffreddato, oltremodo. Sarà una preallergia dovuta a pollini prematuri, anticipati e smarriti. Me le vedo, queste spore biancastre, vagare in giro per l’atmosfera sbilenche e pentite, come quei vecchi con la postura a parentesi, che strisciano la punta del piede destro sull’asfalto nel loro footing delle 6 di sera, sudati, ansimanti, anzichè stare a casa a toccare il culo della badante, come un buon ottuagenario dovrebbe fare.
La narice sinistra è chiusa, temo definitivamente. Questo anche grazie alla mia deviazione del setto nasale, frutto di un tango facciale in giovane età.
La narice destra si difende ancora.

Dovrei iniziare a lavorare. Ho una pila di fogli da smaltire, lettere da capovolgere, questionari da compilare, virgole da cancellare, sms da non leggere, curricula da ignorare, peli sullo stomaco da intrecciare, lingue da depilare.
Ma starnutisco in maniera disomogenea e tutto mi sembra ovattato.
Pensare che volevo scrivere un post sulle rinunce in amore. Sarebbe stato bello. Sarebbe stato emozionante. Avevo anche delle parole soffici da utilizzare, concetti efficaci che avrebbero colpito al cuore tutti, stimolando una discussione accesa sui limiti delle passioni non corrisposte.
Ma sono raffreddato, e vi parlerò di farmaci.
Studi approfonditi hanno dimostrato quanto sia fondamentale che un farmaco abbia il nome accattivante. Alla fine ce ne frega poco del principio attivo, se un antipiretico si chiama Letal, un antinfiammatorio Dolorex, un lassativo Dryhole. Non lo compri e basta. Siamo sedotti dai nomi convincenti: Levotuss, che immagino plachi gli spasmi notturni grazie alla lettura del bugiardino. Eryacne, che affronta il problema dei brufoli, parlandovi. Diarstop, medicinale ipnotico da applicare per via rettale.
Per il mio specifico problema, ho tre soluzioni:
Mucojet, per riuscire a centrare il cestino della carta da oltre 5 metri.
Muconorm, per chi non vuole esagerare.
Mucostar, per quelli che non si accontentano.

Mi telefonano, mi nego a tutti. Respiro solo con la bocca. I capillari nei miei occhi stanno ordinando del mojito. Lacrimo. Ho le labbra secche, ma non sopporto il burro di cacao. 
Medicinali.
Buscopan.
Dermocortal.
Ezoran.
Platinex.
Zinnat.
Vagifem.
Vagifem? A che serve? Non saprei.
Non credo mi possa servire. A costei, di sicuro.