giovedì 31 maggio 2012

Il sonno della ragione genera bava sul cuscino



Questo è un uomo particolare. Non parla prima delle 13, con nessuno.
I suoi capelli sono sempre in ordine. Nessuno ha mai visto le sue braccia nude.
Dà a tutti del lei. Anche al cane. In auto non ascolta musica. Ha un occhio azzurro ed uno verde.
La voce cavernosa. Non ha il telefono cellulare. Appunta numeri e pensieri su di un foglietto ripiegato in 8. Non ha mai votato. Veste solo di blu scuro. Un blu vecchio, neanche antico. La sua pelle ha il sapore degli anni '70, quello del sudore di tuo padre. Lui non chiede permesso, non chiede scusa, non dice grazie, non ride. Legge un libro a settimana, che prende in biblioteca. Fa la doccia tre volte al giorno.

È entrato nel locale, poco dopo le 23. Un ristorante con pizzeria annessa, malamente definito discorante, gestito da due fratelli obesi che hanno ereditato una fortuna da uno zio emigrato in Venezuela. Il sabato sera i clienti parcheggiano le automobili ovunque. Soprattutto sul marciapiede antistante l'ingresso della casa dell'uomo. Stasera ci sono tre macchine di grossa cilindrata. Una perde olio, tanto che riesci ad ascoltare il blubble della coppa squarciata. La chiazza, domani, sarà enorme. Un egiziano sulla trentina fa svolazzare focacce ostiformi. Ragazze dell'est a tranci da quintale fluttuano in pista. Un mercato della carne, gastronomico e sessuale. Nei bagni, pile di cd impolverati di bianco. In pista, vagonate di libidine formato “famiglia a casa”. Una lettone adesca un commercialista. Un meccanico sudaticcio è preso da un ballo di gruppo. Qualcuno fuma. Un tavolo svuota due bocce di jaegermaister. Quando la figura dell'uomo blu scuro si staglia sotto la volta a sesto acuto dell'ingresso arabeggiante, le casse stanno sparando “todo el mundo, una mano alla cabeza, un movimiento sexy”.
La sua Skorpion parte, sventagliando i primi colpi sul pavimento a scacchi nerobianchi. Poi la mano alza il tiro, e colpisce uno, due, tre, quattro, poi dieci, quindici ballerini in pieno erection day. Alla fine saranno 21 i cadaveri. Lui resta fermo, senza parlare. Posa la mitraglietta sul tavolo, tra un braccio brizzolato penzolante ed un pingue catorcio in prepensionamento non goduto, e si siede.
Quando arriva la polizia, un ispettore si gratta la fronte. Il collega vomita la cena in un angolo, ed ora lo spatolato veneziano è quasi più bello.
Ammanettano l'uomo blu, che non oppone resistenza. Ha lo sguardo perso nel vuoto, e si morde il labbro inferiore.
Bisognava aspettarselo, da uno che si lava le mani prima di pisciare.

giovedì 24 maggio 2012

Una storia difficile da comprendere



È forte il tanfo di calzature cinesi, da queste parti. Quel cuoio impregnato di solvente nanchinese ciano e terra di siena. Ma fa tanto bene alle tasche la scarpa da 5 euro, che siamo anche disposti a spenderne 150 di dermatologo, poi.
Il fatto è che qui la la gente è parecchio strana.
Non tanto perchè nella mia città ci siano più rotonde che laureati.
E neanche per il fatto che la gente trascorra una fredda notte all'addiaccio per un lcd 32'' in offerta a 400.000 vecchie lire.
Sarà lo iodio. 
Sarà che li odio.
Sarà che l'app più scaricata della settimana è quella dell'INGV, che ti avverte se c'è stata una scossa di terremoto. Bello. Così se sto traballando, gli insetti stridulano, il gatto vomita, i piatti si spaccano sul cotto, gli allarmi delle fiesta tagliano in due la notte, i lampadari ruotano, dopo pochi minuti il sito dell'INGV mi dice che c'è stata una scossa. Meno male. Altrimenti avrei potuto pensare che fosse la calca degli iscritti all'Api di Rutelli che affollavano il vicino Palasport.
Sono tempi strani, da queste parti.
Da noi non si scherza neanche coi fanti.
Ma me lo sarei dovuto aspettare.

In queste zone è in uso una bizzarra consuetudine:
I padri chiamano i loro figli, amichevolmente, "Papà".
Le madri fanno lo stesso, chiamandoli "Mamma".
I nonni appellano i pargoletti "Nonno" e "Nonna".
Gli zii, e così via.
Scena 1: Padre al parco con il proprio figlio Umberto, di circa 5 anni.
“Vieni subito qui, papà!”.
Ed il piccolo: “Arrivo, papà”.
Uh?
Scena 2: Donna anziana di xallaenne anni, in strada, con la nipotina di pochi mesi nel carrozzino.
“Hai fame, Zia?"
E la bimba: “ggghhmmm,gg” (trad.: o tu, vecchietta al gusto di cipolla di tropea, perchè non mi chiami Veronica?)
La cosa sembra non creare problemi nella popolazione locale, e procede quotidianamente questo alternarsi di bambinoni di 30 kg chiamati Papino/simpatiche treenni con la maglietta di ellochitti appellate Zio. Poi dice la confusione dei sessi.
Io provo a dirglielo, ma per loro è normale. Dicono che il figlio deve sapere da subito chi gli sta rivolgendo la parola.
Ma per questo esiste la differenza di timbri vocali, cazzo.
E se, insisto io, si trovassero insieme nonno, padre e figlio, quanti umani sarebbero chiamati impropriamente "papà"?
Ma in questi casi nessuno mi risponde. Chi fischietta un motivetto antico, chi si cava un pokemon dalla narice, chi guarda Amici.


E così, continuo a vivere nella Terra delle Menti Spente, dove ottuagenari in tuta e mocassini  girano per i centri commerciali gridando “Nonnooooo!Nonnoooooo! Dove sei?”?
Ed io, lì, a bramare l'arrivo della Grande Consolatrice con la Falce, bloccata però alla Cassa Amica.





giovedì 10 maggio 2012

Di collisioni familiari, monarchia e ricerche infruttuose in una notte di fine estate




Dove vi trovavate la sera in cui hanno tamponato la mia Fiat Regata (di papà), esattamente alle 23,30 del 10 aprile del 1996?
Io, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, mi trovavo nella Fiat Regata (di papà), full optional, posacenere colmo, finestrini posteriori bloccati da 3 mesi, arbre magique al rabarbaro rinsecchito, unghie.
Nella Fiat Regata (di papà), in mia compagnia, c'erano anche Mirco e Marco. Si, lo so, sembra una filastrocca di Rodari, ma loro si chiamavano proprio così. Quello che nessuno si aspetta, è che nella macchina che mi viene addosso ci sia, alla guida, il padre di Mirco. Me ne accorgo perchè un attimo prima dell'impatto, al posto dell'airbag, sento urlare “Papà!!!”. E poi “sbam!”, cid, colpo di frusta, collare.
Ecco, vi ho dato tempo di pensare a dove eravate.
Niente?

Eppure, se vi chiedessi di collocarvi fisicamente alle ore 14,50 dell'undici settembre del 2001, scommetto che tutti – fatta eccezione per i pochi under 11 che mi leggono – me lo sapreste dire.
Io stavo ritagliando delle sagome di cartone, e più scorrevano le immagini, più ritagliavo. Alle 18,00 avevo un callo all'indice destro che mi passò dopo le feste.
Nel corso degli anni ne sono successe di cose memorabili, ma di certo non ricordiamo mica dove eravamo seduti quando c'è stato l'incidente all'aeroporto di Verona (13/12/1995) oppure cosa stavamo mangiando quando hanno arrestato Provenzano (11/04/2006) ma tendiamo a ricordare, soprattutto, dove ci trovavamo quando abbiamo appreso dell'attentato alle Torri Gemelle. Tranne V, che ricorda per sempre il 5 novembre.

Io, ad onor del vero, rammento alla perfezione anche un altro momento storico.
La morte di Lady Diana.

Lui non c'entra nulla
31/08/1997, ore 02,00.

Torno da una strana serata a base di Clash e Rum presso uno stabilimento balneare, ed ho la gola molto secca. Apro pianissimo la porta di casa, accarezzo il cane ed il vento provocato dallo scodinzolìo mi raffredda le gambe. Sta per terminare un'estate incerta. Sono nel pieno della mia vita universitaria, ed ogni mattina, come un perfetto studente, mi addormento sui libri. Scrivo sull'informagiovani della mia città senza vedere una lira. Un precario antelitteram. Mi innamoro di una splendida diciannovenne, ma le lettere me le scrive la sua amica scout con l'apparecchio ai denti. Insomma, una vita piena e soddisfacente.
Ingoio aria calda. L'arsura cresce. Spalanco il frigorifero alla ricerca di qualcosa di fresco e dissetante. Acqua. No. Orzata. Ma chi l'ha comprata? Amarena. La spesa l'avrà fatta Solange. Ratafià. Latte di riso. Thè al limone. Montepulciano. Benissimo.
Vada per il thè freddo. Prendo un tumbler dal mobiletto, per sentirmi come Ridge Forrester che sorseggia il suo scotch mentre il padre gli confessa che la donna che si tromba da 2 mesi è la sorella.
Accendo la tv e faccio scendere il volume al minimo. I miei genitori dormono profondamente. Il cane è accucciato sulle mie infradito bianche e nere. La prima cosa che faccio è caricare le pagine del televideo. Pagina 101, ultim'ora. Di solito, in piena notte, non c'è gran che. Qualcosa dal medioriente, un tifone in australia, una corriera impazzita sulle ande.
Ma questa volta sono cose diverse. Il titolo è: Diana, Clinton esprime cordoglio. Ma io non capisco cosa significhi.
Resto immobile aggrottando la fronte, forse per qualche minuto. Il testo della notizia, condensato in 15 righe, non mi chiarisce cosa sia successo. Mentre leggo, mi accorgo di avere la gola completamente inaridita. Schiarisco la voce, che non avrei comunque usato, e con gli occhi fissi allo schermo, cercando di capire cosa significasse quella notizia, sorseggio il mio thè ghiacciato. Un sorso, un altro. A pagina 103 capisco cosa è accaduto a Parigi qualche ora prima. Un altro sorso. Leggo la storia dei paparazzi. Dody Al Fayed. Il Grand Hotel. Un ultimo sorso. E sento in bocca una specie di chicco d'uva. Me lo passo tra la lingua, non realizzando di cosa si potesse trattare. Lo mastico. Amarognolo, troppo amarognolo. Fino a che non lo sento muoversi. Allora lo sputo in terra. Il cane si avvicina. Accendo la luce della stanza e vedo una farfalla, sul pavimento, con le ali ripiegate e gocciolanti, annaspare in una pozza di thè al limone. E corro a lavarmi i denti per mezz'ora, sperando di togliermi una sensazione che, invece, ancor'oggi mi perseguita. La sensazione di mangiare una farfalla viva.

Voi non ricordate cosa stavate facendo quando è morta Lady D.
Io sì.

mercoledì 2 maggio 2012

Le 18 cose che non avrei dovuto fare dopo aver bevuto troppo

  1. farmi togliere le lenti a contatto da un altro  
  2. mangiare 40 olive
  3. cercare di pulirmi le orecchie con uno stuzzicadenti
  4. spiegare al casellante che il biglietto dell'autostrada mi era probabilmente volato dal finestrino qualche paese prima
  5. ballare ad occhi chiusi “Should i stay or should i go”
  6. mangiare una farfalla
  7. vantarmi con una bionda appena conosciuta di conoscere a memoria “Quattro stracci” di guccini e provare a cantarla
  8. giocare a baseball con le arance davanti alla questura
  9. guidare il motorino a bocca spalancata
  10. staccarmi la microscopica pellicina dal mignolo
  11. sostenere l'esame di esegesi delle fonti del diritto romano
  12. fumare quel sigaro che mio padre aveva riposto nella vetrinetta
  13. aprire il frigo ed optare per il pasticcio di carciofi
  14. dimostrare al buttafuori che la sua inferiorità culturale era direttamente proporzionale alla sua superiorità fisica
  15. promettere cose durante il sesso
  16. promettere cose
  17. vedere Delicatessen
  18. dire a quella persona "si, dài, fammela vedere questa verruca, che sarà mai?"